Riprendiamo da dove ci eravamo fermati, ritorniamo da dove siamo venuti, in mezzo l’ennesimo lockdown. Siamo tornati a riprendere ciò che nuvole
e nebbia a fine febbraio ci hanno tolto e questa voltaci siamo riusciti, c’è stato davvero tutto, condizioni meteo ideali, neve, quella giusta
che non ti costringe a trascinarti dietro le ciaspole e che ti consente di lasciare i ramponi dentro lo zaino, sole e nuvole, cambi di luminosità e
luce, sempre una visibilità ottimale ad assicurare grandiosi panorami.
Parcheggiamo di nuovo presso l’edicola poche centinaia di metri prima dell’area Pic nic, meno di un chilometro da Foce, sopra ci sovrastano i picchi
del monte Lieto, più su quasi irriconoscibile la rossa corona del monte Sibilla; proviamo a cercare il sentiero che la volta precedente ci era sbucato
un chilometro e mezzo dopo la partenza sul lato sinistro del fosso Zappacenere ma abbiamo solo percorso tracce di animali prima di ritrovarci di nuovo
sull’ampia brecciata di fondo valle e prima di capire, stavolta definitivamente, che il sentiero in questione viaggia alto e che nasce esattamente nei
pressi dell’area pic nic. Piccole cose, piccole perdite di tempo che servono a conoscere il territorio. Si lascia la brecciata e per un sottile sentiero
che sale tra la boscaglia, in 20 minuti si salgono 150 mt fino ad incrociare una nuova brecciata ampia e diritta che prende a salire e ad aggirare il
colle della Frondosa, poche centinaia di metri e si lascia sfilare una seconda brecciata sulla sinistra che sale più ripida e si continua fino a che il
sentiero torna sottile e virando decisamente a sinistra inizia ad inerpicarsi con stretti tornanti per uscire definitivamente dal bosco a quota 1400mt.
Pochi metri e si raggiunge una fonte anonima (+ 1,20 ore dalla partenza) ma segnalata sulla carta, sopra il bosco gli orizzonti si aprono fino allo
scoglio del Lago, imperiosa la dorsale del Banditello che prima massiccia sfila fino ad assottigliarsi sulle lame di cresta del Torrone e del Vettore.
Quasi tutta la rocciosa dorsale che dalla Sibilla sfila fino al Porche si defila e ci si sovrasta sulla destra, tanti i canali che scendono ripidi e
ormai quasi privi di neve, una serie di guglie che non ha fine, speroni e canali stretti fino alla cresta, questa è montagna signori, di quella che ti
rimane negli occhi e permettetemelo, nel cuore. La traccia del sentiero prende a scorrere ai piedi della dorsale, con piccoli sali e scendi e sempre a
guadagnare progressivamente quota, quasi costantemente fuori dal bosco e per pochi tratti sulle lingue alberate più ardite; superiamo i fossi che poco
più di un mese fa erano carichi di lingue valangose e oggi sono solchi tristemente arati, qualche spianata più infossata ancora carica di neve e seguendo
piccole dorsali quasi pulite raggiungiamo fonte dell’Acero, quota 1705mt (+1,20 ore). La sfioriamo a dire il vero, stavolta a destra dei tre guardiani,
maestosi aceri che nel loro isolamento si esaltano di una bellezza pura e antica. Superiamo senza affanno l’altura sopra la fonte per linee logiche e il
più possibile scoperte dalla neve, inizia qui una nuova escursione rispetto alla precedente, via via che ci avviciniamo alla linea della dorsale si aprono
lentamente quegli orizzonti bianchi che ci erano stati negati e che erano il motivo per cui siamo tornati oggi.
La continuità del bianco viene interrotta dallo sperone roccioso del Sasso Borghese, sempre una presenza che si impone in questo angolo di Sibillini e
che oggi useremo come boa per ritornare verso valle.
La sella tra il Porche e Sasso Borghese è la davanti, superiamo ciò che rimane della “importante” valanga di un mese fa, pochi i blocchi di neve rimasti
e sono di piccole dimensioni, percorriamo un lungo traverso in costante leggera salita, lo sperone del Sasso è sempre più monumentale e verticale,
imponente e catalizzante; un ultimo strappo in maggiore salita e siamo sulla sella, alla nostra destra la piramide del Porche, di fronte Palazzo Borghese
e a sinistra il Sasso, meno monumentale e ridotto ad una bassa cuspide di una cinquantina di metri. La neve è polverosa, un po’ bagnata ma stabile, fin qui
ci ha permesso di lasciare i ramponi nello zaino. Raggiungiamo il passo del Sasso Borghese (+1,40 ore), ampia sella tra il Palazzo omonimo e i Sasso,
panorami si allargano fino all’Argentella e alla piana di Castelluccio, fino alla cresta del Torrone e Sasso d’Andrè, dietro il Porche, è uno degli angoli
più belli dei Sibillini e forse troppo in secondo piano rispetto ad altri.
Avevamo scelto di tornare indietro per la dorsale del Pian delle Cavalle, per raggiungerla percorriamo la dorsale che sale all’Argentella, quasi scoperta e
facile da salire seppur frustata da una tesa brezza molto fredda, tocchiamo quota 2107 (+30 min.), un picco anonimo che anticipa di poco l’Argentella da
dove inizia a scendere verso Nord Est una dorsale che raggiunge il Pian delle Cavalle; non vediamo l’ora di scendere per metterci al riparo dal vento, l’inizio
della dorsale dalla cimetta è eccessivamente ripido per percorrerlo senza ramponi, continuiamo oltre la vetta per una manciata di metri e scendiamo per linee
più agevoli dentro l’ampia conca sotto l’Argentella; buona la neve, con ampi zig zag e lunghi traversi perdiamo agevolmente quota dentro il candido e ampio
avvallamento, purezza interrotta solo da sinuose tracce di sciatori che sono calati dalla vetta.
Sulla sella sotto il Pian delle Cavalle riprende a soffiare il vento, il sole pallido appena sbucato sparisce e di colpo si è annuvolato completamente; la
sosta programmata per mangiare qualcosa dura meno del voluto e per non congelare riprendiamo la via del ritorno, aggiriamo la cima del Pian delle Cavalle
(+30min.) e prendiamo a scendere sul crinale della bellissima cresta che pare protendersi nel vuoto. Con diversi salti scendiamo veloci e ci abbassiamo di
quota, qualche tratto è innevato ma facilmente percorribile il resto è ormai una asciutta dorsale pronta a tornare verde. Trascuratissima e a molti sconosciuta,
è una cresta meravigliosa, si incunea veloce e a tratti sottile verso la valle della Gardosa, sovrasta Foce che da quassù non si riesce a vedere e sembra
doversi infilare sul possente versante del Banditello, precipita ripida su entrambi i versanti, a sinistra sulla boscosa val Canale e destra dentro il
profondissimo e stretto fosso Mozzacarne fino a valle 800mt più in basso; imponenti e imperiose le dorsali che racchiudono la valle del Lago, da qui si gode
forse la più bella prospettiva della valle, oggi ancora completamente innevata.
Raggiungiamo le coste dei Tre Faggi (+050 min.), 1640mt, l’ultimo sperone della dorsale da dove l’occhio si infila perfettamente sulla valle della Gardosa,
sulle Svolte, fino alla valle del Lago; oltre i versanti prendono a precipitare in ogni direzione, tendiamo a Nord cercando di seguire una poco accennata
dorsale nei primi momenti ripida, innevata e per questo molto molto scomoda. Il problema vero a questo punto è imboccare una qualsivoglia traccia, anche
delle più effimere, che scenda agevole verso valle Canale, sul versante di sinistra (quello di destra è quasi impraticabile) ma di fatto non la troviamo,
forse non esiste, questo versante viene normalmente usato per salire al Pian delle Cavalle e salire è facile, si segue una sterrata dei boscaioli e poi per
linee logiche si raggiunge la dorsale, ma scendere no, per scendere si va a senso fino ad intercettare una delle sterrate dei boscaioli e poi con queste
raccordarsi in fondo a val Canale. Il versante scende discretamente ripido dentro un bosco basso ma poco pulito, è esposto completamente a Nord ed è coperto
da un basso strato di neve, le peggiori condizioni; volevo intercettare una sterrata che avevo intuito la mattina dal versante opposto mentre salivamo, motivo
per cui ho seguito per un bel tratto la dorsale, ci siamo abbassati e avvicinati allo sperone che la chiude, non c’era ombra delle traccia e più si scendeva e
più il profilo andava aumentando di pendenza, non potevamo più esitare e ci siamo buttati di traverso e scendendo, traversando e scendendo, ci siamo massacrati
di fatica; è stato un breve ma vero corpo a corpo con la montagna, pure divertente anche se non era facile rimanere in piedi. Scendiamo circa 150 mt prima di
intercettare la sterrata, stretta, sassosa, innevata ma un’autostrada a confronto. La seguiamo per una ventina di minuti prima di convergere in fondo a val
Canale pochi metri prima della strettoia dove incombe il roccione che chiude la dorsale che calcavamo pochi minuti prima. Rimangono da scendere duecento metri
di dislivello, stiamo chiudendo la giornata e l’anello che ci siamo inventati, un occhio alla deviazione per l’area pic nic per non arrivare a Foce e poi
trecento metri di strada. Siamo all’area parcheggio alle 16.30 (+1.40 ore), buttiamo un occhio in alto e quasi in tutte le direzioni scorgiamo profili che
ci hanno tenuto compagina per tutto il giorno. Tre valli abbiamo intorno, spuntano i profili del Pizzo del Diavolo, della dorsale del Pian delle Cavalle,
della corona rossastra della Sibilla, profili che abbiamo guardato da prospettive diverse, quasi parallele per tutto il giorno e che ora dal basso ci fanno
sentire piccolissimi; dopo aver salito 1265 mt e percorso 15 chilometri circa in 8 ore ci siamo sentititi di nuovo immensamente piccoli. Stiamo prendendo
confidenza coi Sibillini, stiamo entrando negli angoli meno conosciuti di montagne che pensavo di conoscere, ho la sensazione che ne cambierò di scarponi
prima di poterlo pensare ancora. Ora si che sono le mie montagne, ci sono arrivato tardi ma ora sono davvero mie, le montagne fuori dall’uscio di casa.